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 TG3 - Sabato notte

         

            Si sono occupati de "Le Veline del Duce",  edito da Sperling & Kupfer, i seguenti giornali (clicca sul
         nome del giornale per visualizzarne la recensione):
   
 

Il Mattino Il Corriere della Sera La Repubblica La Stampa
Il Roma Il Corriere del Mezzogiorno Sorrisi e canzoni TV La Gazzetta del Sud
Libero Il Messaggero Il Giornale di Sicilia Il Gazzettino
Avanti! Liberazione Il Manifesto Famiglia Cristiana
La Gazzetta di Parma Ansa ADN Kronos Il Quotidiano di Foggia
Avanti! della domenica Rete 474- Centro ufologico Italia Estera Tabloid
Lettera.com Il Secolo XIX La Voce di Rovigo Corriere della Sera Magazine
Il Giornale La Nuova Ferrara Trentino  

     ...ed i seguenti siti internet:

Mondadori. com Group msn.com Ponzito.com La discussione
Mult-Kor (Ungheria) Alice.it Gibs Internet Caro Diario Internet
Sicilia on line  Liberonweb Bol.com Internet Centolibri.it
Kataweb.libri Cremona On line Un libro.com Tuttostoria.it
La Feltrinelli.it  Mentelocale Genova Mov. Sociale Internet Bancarella Trieste
Bancarella Trieste      

     Ecco alcuni stralci delle recensioni delle "Veline del Duce" pubblicate sui vari quotidiani, riviste, periodici e
     siti Internet:

   Scritto apposta per i corsi di giornalismo

     Un libro bello, documentatissimo e insolito scritto da Riccardo Cassero, redattore Capo Centrale de “Il Mattino” negli anni passati mette insieme la raccolta più ricca mai pubblicata delle Veline del Duce e la offre ai lettori con i commenti sobri e acuti del giornalista di razza. S’intitola “Le veline del Duce” e sembra fatto apposta per tanti corsi di giornalismo nati come funghi un po’ dovunque e avrà di certo molti altri lettori. Le direttive delle Veline  spaziavano dalla politica alla questione razziale, allo sport, alla cronaca, alla pubblicità. Rifondavano un lessico. Non si poteva usare la categoria di "Mezzogiorno" riferita al Sud, non si poteva parlare di miracoli se non di quello di San Gennaro (sempre santo del potente di turno), non si poteva parlare di albero di Natale, anglosassone nemico  del presepe nostrano. Più di tanti saggi sul Fascismo che ricucinano il già noto, il libro di Cassero non ha solo il pregio di far capire appieno l’importanza attribuita ai media dal primo “grande comunicatore” apparso sulla scena politica italiana, ma anche quello di farne intravedere le preoccupanti affinità con certi suoi epigoni. Lo prova la velina più inconsapevolmente esilarante scovata da Cassero. Diceva così: “Il discorso di oggi del Duce si può commentare. Il commento ve lo mandiamo noi”

                                                                                                        TITTI MARRONE (Da “Il Mattino”)

Nella foto, un manifesto propagandistico con la storica frase: "Vincere e vinceremo"
 

  L'ossessione di controllare anche la piccola pubblicità

    Quando le veline non erano belle figliole in mostra sul teleschermo, ma direttive impartite alla stampa dal regime fascista, il modello femminile in voga sui media era ben diverso da quello attuale. Infatti le autorità intimavano ai giornali di non pubblicare immagini di ragazze dalla vita di vespa. “Disegni e fotografie – precisava la nota – devono rappresentare donne floride e sane”, cioè robuste fattrici pronte a sfornare figli per la patria. “Non è tollerabile – confermava un’altra velina – che specialmente i giornali di moda pubblichino fotografie di donne magrissime”. Ed anche le immagini di signore in costume da bagno erano tassativamente vietate. In un moto di puritanesimo si disponeva che perfino nei figurini di moda le gonne fossero “leggermente allungate oltre il ginocchio”. C’è questo e altro nel libro “Le veline del Duce” in cui Riccardo Cassero, giornalista di lungo corso del Mattino di Napoli, ha raccolto non solo un ricco florilegio di ordini trasmessi alla Stampa dal Ministero della Cultura popolare (l’ineguagliabile Minculpop) ma anche parecchio materiale iconografico sul ventennio nero. Documenti nei quali l’ossessione di controllare ogni centimetro quadrato di carta stampata, pubblicità e annunci pubblicitari inclusi, provoca non di rado effetti grotteschi.

                                                                                    ANTONIO CARIOTI  (Dal “Corriere della Sera”)


Nella foto, Mussolini visto dal famoso Beltrame sulla Domenica del Corriere
 

  Come eravamo caduti in basso

     Riccardo Cassero, con molta documentata rigorosità, ma anche con un dosato senso i ironia, narra nel volume “Le veline del Duce” in che modo il Fascismo fosse riuscito a controllare la stampa d’informazione di un tempo. Così, scorrendo queste pagine, emergono tutte le violenze morali e le contraddizioni che dimostrano fino a che punto eravamo caduti in basso. Mi chiedo perché, come corollario ai sacri testi scolastici di storia non vengano adottati libri come questo e che fotografa la storia partendo da un approccio diverso e più realistico. Rappresenterebbe un interessante approfondimento e completamento delle lezioni sulla Storia del nostro Paese.


                                                     VITO SOAVI  ( Da “Tabloid”, Ordine dei Giornalisti della Lombardia)

Nella foto, un manifesto  inneggia all'autarchia
 

    Il balletto propagandistico di Mussolini

    Riccardo Cassero, giornalista di esperienza, ha trovato il tempo, rubandolo ai suoi impegni di caporedattore di numerose testate, per raccogliere le quotidiane e minuziose istruzioni impartite dal regime fascista ai quotidiani. L’Italia fascista doveva apparire una penisola ordinata, prospera e tranquilla, dalla quale criminalità e sedizioni erano state definitivamente bandite. Quale fosse la realtà effettiva, sotto il belletto propagandistico, lo si scoprì a guerra ultimata. Rileggere oggi, magari sorridendo, quelle direttive, risulta comunque utile antidoto, nei confronti di un potere anche democratico, con il vizio perenne della normalizzazione.


                                                                                                                                Da “Repubblica”

Nella foto, il famoso  motto fascista"credere, obbedire, combattere"
 

    Riscattate le vecchie umiliazioni  professionali

    L’Italia del ventennio fascista? Nel ricordo degli anziani e nelle descrizioni dei mezzi di comunicazione di massa dell’epoca era un Paese quasi perfetto, un’isola felice senza disoccupazione e senza criminalità.. La grande mole di “veline”, cioè di direttive ora insinuanti ora a minacciose rivolte dai gerarchi e in molti casi da Benito Mussolini in persona agli operatori in persona affinché dessero versioni edulcorate o manipolate ad arte degli eventi sembra suggerire proprio questo. La rilettura di tutte le disposizioni di stampa restituisce al lettore intatta dopo decenni di oblio l’immagine di un Paese vivo, vero, imperfetto, povero, tutt’altro che monolitico politicamente. Più di mezzo secolo dopo, un giornalista di lungo corso come Riccardo Cassero riscatta le umiliazioni professionali  e le sofferenze di una generazione di operatori dell’informazione, facendo luce sui segreti di quella Italia apparentemente perfetta.

                                                                                                    DAVID FRATI (Da “Lettera.com”)

Nella foto, una copertina del "Mattino Illustrato": aerei tedeschi attaccano  navi inglesi
 

     Un insulto al passato del Duce-giornalista

     Direttori solerti e redazioni allineate venivano istruite dal Fascismo sul come dare le notizie, e se darle, e in che rilievo, in quale pagina, e in quale circostanza. Il Ministero emanava gli "ordini di stampa" che erano piuttosto gli "ordini alla stampa". Erano ordini di prudenza e censura, talvolta pedanti e ridicoli  che se erano propri del dittatore che tutto voleva ispirare e controllare, furono un insulto al passato di formidabile giornalista del Cavaliere di Predappio, Benito Mussolini. Il  Minculpop era attivissimo e non tralasciava i minimi aspetti della vita del Paese, mentre eravamo impegnati a procurarci l'introvabile "Feroce Saladino" del concorso Buitoni-Perugina e cantavamo "Bella abissina", sperando di poter avere mille lire al mese, la Juventus vinceva cinque scudetti, lasciandone qualcuno all'Ambrosiana e al Bologna e l'oriunda croata Alida Valli ci faceva impazzire al cinema. Tuffandosi in un ameno florilegio di amenità ufficiali, mettendole insieme e affiancandole con una precisa cronologia degli avvenimenti dal 1935 al 1945, corredati da originali immagini, Riccardo Cassero ha realizzato un libro molto singolare, curioso e soprattutto curato com'è nello stile dell'autore

                                                                                                 MIMMO CARRATELLI (Da "Il Roma")

Nella foto, un poster che sottolinea l'amicizia con la Germania
 

    Come sensibilizzare e come minimizzare

    Le "veline" erano nel ventennio fascista l'epiteto che veniva comunemente dato alle "note di servizio" emesse dal Ministero della Cultura Popolare (il celebre Min.Cul.Pop.) con le quali si indicavano ai giornali le notizie da "sensibilizzare" o da "minimizzare". Cose come: "Non si deve pubblicare che il Duce ha ballato", "Dire che è stato chiamato dieci volte al balcone", "Nella cronaca della Camera dire che la Regina ha salutato col saluto romano", "Non pubblicare fotografie di Carnera steso a terra sul ring", "Non occuparsi di Moravia e delle sue  pubblicazioni", "Non occuparsi del teatro in vernacolo", "Riprendere la campagna contro le mosche",  e altre piacevolezze del genere di cui offre unna ricca, ragionata antologia Riccardo Cassero ne "Le veline del Duce", Sperling & Kupfer, pp180, Euro 18.

                                                                                        GIANFRANCO MARRONE (Da "La Stampa")

Nella foto, il lancio della vettura "Balilla" della Fiat
 

    Quando Mussolini "salvò" San Gennaro

    Un vecchio e bravissimo collega, Riccardo Cassero, che fu il più stretto collaboratore di Gino Palumbo ha pubblicato un assai gustoso saggio dedicato alle Veline del Duce, le disposizioni, i "fogli d'ordine" che il famigerato Minculpop diramava quotidianamente tra i direttori dei giornali, quasi sempre per trasmettere o interpretare gli imperiosi suggerimenti di Mussolini. Credo che nessuna documentazione storica valga a dare, come questa, un'idea precisa, una connotazione autentica di ciò che furono la dittatura fascista e il  suo protagonista, un tiranno totalmente diverso da tutti quelli che, a destra e a sinistra, imperversarono durante il secolo scorso, molto meno crudele degli Hitler, degli Stalin, dei Mao, ma anche molto meno serio e coerente. Il libro di Cassero documenta senza alcuna particolare acrimonia come la passione giornalistica e censoria di Mussolini si sia tradotta nell'attività assidua, servile e spesso esilarante del cosiddetto Minculpop, che ai direttori dei quotidiani, ormai tutti fascistizzati, dettava non solo i contenuti e le interpretazioni dei fatti del giorno, ma anche i dettagli tecnici del titolo, dell'impaginazione, dei caratteri tipografici con cui sottolineare, esaltare o "minimizzare" le notizie. E a questi ineludibili suggerimenti si aggiungevano anche i dettami circa lo stile, i comportamenti, il "costume" che il regime giudicava indispensabile per rendere gli italiani degni eredi della grandezza imperiale di Roma.... Tra le Veline da segnalare quella dell'11 marzo 1941, di pieno rispetto al nostro Santo patrono. In piena guerra, mentre si vietava ai quotidiani di dare notizie "di pretesi miracoli e fenomeni affini (!)", che evidentemente potevano indebolire la tempra guerriera del popolo, si faceva un'eccezione per "il tradizionale episodio di San Gennaro a Napoli".

                                                                           ANTONIO GHIRELLI (Dal "Corriere del Mezzogiorno")

Nella foto, Mussolini con l'elmetto, una delle immagini preferite dal Duce
 

     Non pubblicare la foto di Carnera K.O. davanti a un "negro"

    Il giornalista Riccardo Cassero ha vissuto oltre vent'anni nella redazione de "Il Mattino" di Napoli. Era considerato il migliore "chef" della cucina del giornale, quel settore redazionale dove si selezionano le notizie e si "confezionano" le pagine. Oggi, finalmente e meritatamente in pensione, ha potuto raccontare come si "faceva" il giornale durante gli anni del fascismo e in particolare rendere note alcune "veline" del Duce. Spulciando tra le disposizioni del regime, Riccardo Cassero ha scelto le più singolari (talvolta anche ridicole) di queste "veline" e le ha raccolte in un libro. E' difficile tentare una cernita dei "suggerimenti" del governo fascista. Nel primo che balza davanti agli occhi, per la sua perentorietà ma anche per la sua ridicolaggine, si legge testualmente: "Il discorso di oggi del Duce si può commentare. Il commento ve lo mandiamo noi". Un diverso ordine fu impartito in occasione della clamorosa sconfitta del pugile Carnera avvenuta in America nel 1935: "Vietato pubblicare la fotografia dell'atterramento sul ring di Primo Carnera", una notizia e un'immagine che oggi comparirebbe con grande evidenza in prima pagina. Motivo? Carnera era stato sconfitto da Joe Louis, un pugile americano, per giunta  "negro", notizia evidentemente scomoda nel momento storico di un Paese impegnato nella ricerca di un "posto al sole" in Africa. Sconfitta da nascondere perchè inflitta da un pugile appartenente a una "razza inferiore" che offendeva l'immagine maschia di un campione dell'Italia fascista...

                                                                                       SAVERIO BARBATI ( Dalla "Gazzetta Sud")

Nella foto, la copertina del disco con il famoso motivo "Faccetta nera"
 

    E Starace  impose a "Lei" di chiamarsi "Annabella"

   Tra le vittime della campagna scatenata da Achille Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista, contro l'uso del "lei" ci fu anche "Lei". Come racconta Riccardo Cassero ne Le veline del Duce, volume arricchito da un vasto repertorio di immagini emblematiche del mondo giornalistico ed editoriale di quegli anni, "Lei " era una testata destinata al pubblico femminile e si barcamenava non malamente. Almeno fino a quando, all'inizio del 1938, sul Corriere della Sera, lo scrittore fiorentino Bruno Cicognani non ebbe la malaugurata idea di svolgere alcune considerazioni su quel "retaggio spagnolesco" rappresentato a suo parere dall'uso del "lei nelle conversazioni. Cicognani partì da lontano: " Roma repubblicana non conobbe che il tu, Roma Cesareo poi conobbe il voi" per proporre di tornare agli usi del tempo antico, dunque "al Tu, espressione dell'universo romano e cristiano e al Voi, segno di rispetto e di riconoscimento di gerarchia". La proposta calamitò l'interesse di Starace che amava follemente occuparsi di dettagli, di inezie ornamentali, di minuzie  di uniformi e divise, di ritualità gerarchiche. Iniziò, quindi, una forsennata campagna contro il 2lei" e, dilagando, questa mobilitazione di partito finì con l'investire la  testata femminile. I tentativi di spiegare a Starace che il Lei in questo caso era una lei - la donna ideale - che rappresentava le numerose lettrici del femminile, furono del tutto inutili. Si ripiegò dunque  su un'altra denominazione, Annabella, con cui lo stesso giornale continuò ad arrivare in edicola.

                                                                                GIORGIO BOATTI  (Da Tuttolibri de "La Stampa")

Nella foto, la rivista "Lei" trasformata in "Annabella"
 

   Uno spaccato affascinante, un libro da non perdere

     "Diminuire le notizie  sul cattivo tempo": questa velina è del 1939. Ma nel 1941 si vieta di usare metafore parlando di bel tempo. Le "circolari alla stampa" che durante il fascismo indicavano quali notizie enfatizzare e quali nascondere sono un affascinante spaccato sociale e e politico della dittatura, contenuto nelle "Veline del Duce". Le donne prolifiche sì, le code davanti ai negozi no. La Garbo no. Gli sposi in tight no. Gli orti di guerra sì. Imperdibile.

                                                                    ELENA MORA (Da "Sorrisi e Canzoni TV")

Nella foto, un manifesto fascista che accusa Badoglio dopo l'armistizio con gli Alleati
 

   La parola d'ordine: esaltare Mussolini ed il Fascismo

    Omicidi? Furti e rapine? Truffe? Sciagure? Quando c'era Lui certe cose non succedevano. L'Italia fascista era una nazione felice, tutta virilità ed entusiasmo: i treni erano sempre in orario, la posta arrivava a destinazione senza intoppi. Non c'erano disoccupati, non c'erano manifestazioni sindacali, né contro il regime; di mafia e camorra nemmeno l'ombra. Dominavano l'ordine e la disciplina, assieme alla cieca fiducia in un avvenire sicuramente "radioso". La realtà, ovviamente, era diversa. Siccome il nostro non era un paese da favola, c'erano i delitti, i suicidi, la corruzione, i disastri ferroviari, le inondazioni: c'erano la miseria e le privazioni. Soprattutto con il regime autarchico causato dalle "inique sanzioni" o, peggio, durante  la guerra. C'erano, solo che non se ne parlava. O meglio: chi ne parlava era subito definito "disfattista". La parola d'ordine era: esaltare l'opera di Mussolini e del Fascismo, estendere il consenso, ignorando (o minimizzando) qualsiasi notizia negativa che avrebbe potuto oscurare la grandezza del regime. Per ottenere questo scopo era stata creata una straordinaria macchina propagandistica che attraverso il Minculpop teneva sotto un rigidissimo e capillare controllo i giornali, la radio, il cinema, i più grandi mezzi di comunicazione di massa, ma anche  la moda, la pubblicità o i fumetti. Per non parlare della scuola, dove ai bambini il Fascismo era presentato come l'erede della mitica e antica grandezza di Roma. La stampa non era soltanto "imbavagliata", era sotto un controllo assoluto. La "verità" dei giornali era soltanto quella fascista, diffusa attraverso gli "ordini di stampa", ovvero le cosiddette "veline", così chiamate per il tipo di carta su cui le disposizioni erano battute a macchina in più copie.

                                                                                              GASPARE DI SCLAFANI (Da "Libero")

Nella foto, un manifesto che auspica la distruzione di Londra
 

   Un libro con una straordinaria lungimiranza

    Un volume sorprendente, sia per forma che per contenuti, le Veline del Duce si legge con grande interesse, anche se lascia un po' l'amaro in bocca. Lo ha scritto Riccardo Cassero, una "vecchia volpe" del giornalismo italiano. Con una tecnica puntigliosa e precisa, tutta sua, davvero moderna, ha voluto raccogliere e commentare una selezione delle più significative e singolari "Veline del Duce", completandole con una breve cronologia di quegli anni cruciali e corredando il tutto con un numeroso materiale fotografico dell'epoca. Nel volume si legge anche che le "veline" del 1941 sono più numerose rispetto agli altri anni (dal 1935 al 1944) perchè un suo collega, Giuseppe Maria Pisani ha messo a disposizione la raccolta di "disposizioni alla Stampa", fortunosamente recuperata il 1° maggio del 1962 nel corso del trasloco de "Il Mattino" dall'Angiporto Galleria all'attuale sede in Via Chiatamone. Le "Veline del Duce" è un libro che ha una straordinaria lungimiranza mediatica: foto d'epoca, riproduzione di documenti storici e disegni di regime - perfino vignette umoristiche, di quelle che "si potevano pubblicare" - si alternano ed integrano con i vari documenti, rendendo affascinante ed interessante, sia la lettura che la visione delle immagini.

                                                                                               RENATO RIBAUD (Da "Italia Estera")

Nella foto, un manifesto per pubblicizzare la "battaglia del grano"
 

         Una testimonianza sullo stato della Stampa dell'epoca   

     Riccardo Cassero ha pubblicato il suo ultimo libro intitolato "Le veline del Duce", come il Fascismo controllava la Stampa, edito da Sperling & Kupfer, dove racconta del sistema informativo del nostro Paese durante i vent'anni della dittatura fascista, con particolare riferimento ai mezzi di comunicazione e alle disposizioni imposte alla Stampa. L'autore ha raccolto e commentato all'interno del volume alcune delle "veline" del Duce, per testimoniare  quale fosse lo stato della Stampa del tempo, completando, alcune di queste, con una breve  cronologia del periodo fascista.

                                                                                 Dall' ADNKROS (Agenzia giornalistica nazionale)

Nella foto, il distintivo del Partito Nazionale fascista
 

        Fedele esempio di strategia mediatica

      Le storiche veline di Benito Mussolini. Il ritratto di un'Italia perfetta - senza criminali,  disoccupazione, governata dall'ordine e da una popolazione giovane e virile - creato dall'abile penna del Duce e riproposto dai giornali. In "Le veline del Duce"  (Sperling & Kupfer , pagg. 180, 18 Euro) Riccardo Cassero raccoglie e commenta una selezione delle più singolari "indicazioni" di Mussolini, fedele testimonianza della strategia mediatica della propaganda fascista. Il tutto corredato da un'attenta cronologia e da una raccolta di foto d'epoca.

                                                                                                      CLAUDIA ROCCO (Da "Il Messaggero")

Nella foto, un manifesto della Gioventù Fascista
 

      Per conservare la memoria del passato

      C'è stato un tempo in cui il termine "veline" non indicava le ragazze di "Striscia la notizia", ma le istruzioni, a volte comiche e sempre perentorie, con le quali il regime fascista orientava la Stampa italiana. A quei tempi e a quegli ordini è dedicato il libro di Riccardo Cassero, giornalista napoletano di lunga esperienza,  che ha raccolto, contestualizzandole nel particolare momento, una bella quantità di quelle perle censorie, corredandole di una bella scelta fotografica. Il libro è utile (e a tratti molto divertente) per conservare la memoria del nostro passato e aver sempre presente com'è pericolosamente semplice "adattare" una notizia. Riletti uno dopo l'altro, le istruzioni e i divieti assomigliano ad una raccolta di aforismi un po' demenziali.

                                                                                                                                                           Dal "Giornale di Sicilia"

Nella foto, un manifesto col famoso slogan: "Taci: il nemico vi ascolta"
 

       L'Italia, un Paese perfetto, senza problemi

     Nel libro "Le veline del Duce" scopriamo che "quando c'era lui...." l'Italia era un Paese perfetto: pochi criminali, nessun disoccupato, i treni arrivavano in orario e i fatti di sangue erano sconosciuti. Ma il merito di questa Italia pacificata, senza pensieri e senza problemi, che veniva attribuito a Mussolini e alla sua politica era piuttosto il frutto dei "suggerimenti" trasmessi ai  mezzi di comunicazione. Le  "disposizioni di Stampa" davano precise indicazioni su quali notizie e quali foto pubblicare (e quali non pubblicare) per creare l'immagine di un Paese in cui  regnavano l'ordine e la fiducia, con un popolo giovane, entusiasta e virile.

                                                                                                                                              Dall'ANSA, Agenzia Nazionale

Nella foto, un poster sui giovani fascisti
 

 Il Duce conosceva i meccanismi del consenso

    Sul perchè dell'irresistibile fortuna popolare del primo Mussolini, arriva un ultimo  libro, il più divertente, che il giornalista e storico Riccardo Cassero ha dedicato a "Le veline del Duce" edito dalla Sperling & Kupfer col sottotitolo "Come il Fascismo controllava la Stampa" dove il termine "veline" non si riferisce alle ballerine di "Striscia", mas alla carta sottile con cui venivano emanati ai giornali le copie degli ordini emessi quotidianamente dal Ministero della Cultura Popolare. Mussolini, giornalista prima che politico, conosceva alla perfezione i meccanismi del consenso e se ne avvalse a piene mani, prima influenzando gli assetti proprietari dei mezzi di informazione, poi mettendone alla guida direttori di provata fede fascista. L'ultimo passo fu proprio l'istituzione del Minculpop che impartiva precise disposizioni circa il rilievo, il taglio degli articoli e foto e controllava i giornali prima che arrivassero in edicola. "Il Minculpop - commenta Cassero - divenne il severo controllore delle coscienze degli italiani, stabilendo che cosa si doveva sapere e che cosa no. La più poderosa arma del Partito  fascista".

                                                                                                                                  SERGIO FRIGO ( Da "Il Gazzettino")

Nella foto, due francobolli italiani con le teste di Hitler e di Mussolini
 

       Veline vigliacche, persecutorie, miserabili

     "Giornalisti  e fotografi si astengano dall'avvicinare i duchi di Windsor" (118 luglio 1938), "Si ricorda di controllare attentamente affinché il "tu" e il "voi" sostituiscano sempre il "lei" servile e straniero" (25 luglio 1938), "Si conferma la disposizione: non occuparsi della Garbo" (12 marzo 1938), Rigorosamente ufficiali con tanto di data e timbro: sono solo tre delle moltissime e spesso esilaranti veline che il regime mussoliniano - al suo massimo livello - faceva recapitare ai mass media, giornali, riviste periodici, radio, ma anche a prefetti, gerarchi autorità  varie, con quotidiana e quasi maniacale puntualità (anche più volte al giorno). Veline storiche, raccolte e presentate nel loro contesto temporale e politico in questo libro-documento di Riccardo Cassero. Una "storia" del ventennio colta attraverso la lente della sua propaganda, una visione deformata ma veritiera, l'Italia  secondo l'immaginario fascistico. Veline, dunque, come involontaria operazione-verità, inconfutabile testimonianza che il re (il Duce) è nudo (e brutto). E, infatti, Riccardo Cassero tratta le veline per quelle che sono, la parola e il logos del regime, la sua anima e la sua filosofia, insieme Weitanschaung e diktat, miseramente centellinati e imposti giorno per giorno attraverso un'autorità che  si palesa in forma apodittica di ordine di servizio. A guardar bene, non si tratta di "veline" stupide e basta; nella loro piccolezza, rappresentano alla perfezione la "fascistizzazione" in atto non solo nelle leggi e nelle istituzioni, ma nella mentalità, nel costume, negli atti,  della vita quotidiana. Insomma, è il regime che fa bene il lavoro suo, appunto irreggimenta, indottrina, secondo quella sua ottica piccolo-borghese, ignorante e retrograda che doveva passare alla storia appunto come "fascista". In gran parte cretine con un lampo di imbecillità (come direbbe Flaiano), le veline furono però in pari misura anche vigliacche, persecutorie, miserabili.

                                                                                                                         MARIA R. CALDERONI (Da "Liberazione")

Nella foto, un pugnale , simbolo dell'onore fascista
 

         Il Fascismo faceva il bello e il cattivo tempo

       Un libro, quello di Cassero,  che aiuta a capire il passato, ma è anche un suggerimento per il presente, perchè, oggi come ieri, il mondo dell'informazione è zeppo di venditori di favole e di piazzisti, di sogni a buon mercato. Le "veline" del Minculpop avevano lo scopo di nascondere agli italiani le verifiche scomode. Alcune, rilette oggi, hanno il sapore della barzelletta. Sembrano ingenue, tanto sono ridicole. Ma anche le più incredibili rispondevano a una logica ben precisa, quella di esaltare le conquiste "radiose" del fascismo e la favola di un'Italia invincibile. E così una leggenda dello sport, come il pugile Primo Carnera, non poteva essere fotografato a terra, dopo un K.O., perchè un mito italiano si piega ma non si spezza. E in questo Paese senza difetti non si poteva dire, ad esempio, che Edoardo Agnelli senior, morto in un incidente aereo all'idroscalo di Genova il 14 luglio 1935, perchè qualcuno avrebbe potuto  pensare che il Duce fosse un menagramo. E se l'Italia, nel giugno del 1939, era flagellata dal maltempo, nessun problema: bastava "diminuire le notizie sul cattivo tempo". In quell'Italia, infatti, come annota Cassero, "il fascismo faceva davvero...il bello e il cattivo tempo"

                                                                                                              MAURIZIO DE PAOLI (Da "Famiglia Cristiana")

Nella foto, un manifesto col in notissimo "Vincere!"
 

        Un promemoria per certi politici dei giorni nostri

       Mi sento di consigliare ai portavoce del governo Patacca bis (quello di Berlusconi n.d.r.) e al neo ministro delle comunicazioni Landolfi, un interessante libro storico da leggere e approfondire, al fine di applicarne metodi e insegnamenti: Le veline del Duce di Riccardo Cassero (Sperling e Kupfer).Faccio un esempio per il nuovo corso governativo prendendo dritto dritto da una velina del 1940: "Il popolo italiano è il meno oberato di tasse di tutto il mondo. Anche se l'asserzione trova conferma nei fatti, i giornali si astengano da tale argomento". Se non fosse in un libro parrebbe farina del sacco di Tremonti: è risaputo che parlare di tasse porta sfiga. Una velina  del 1939 consiglia invece ai giornali si "Non parlare per ora di richieste di aumento di stipendi agli impiegati", altra cosa che potrebbe aiutare la coesione del nuovo governo, "Diminuire le notizie sul cattivo tempo" (direttiva del giugno '39), sarebbe invece un po' difficile da applicare, che senza il meteo che dura mezz'ora di che cosa dovrebbero parlare i tg del premier? Di politica? Meglio evitare. Più realistico il "consiglio alla stampa" del novembre '39: "Non commentare il comunicato sull'aumento delle tariffe tramviarie". E ancora più urgente un altro ordine secco (stesso mese, stesso anno): "Si conferma la disposizione di non fare corsivi polemici". Ci mancherebbe. Ora sappiamo che la storia non si ripete (anche se il governo Patacca bis sta lì a dimostrare il contrario) e dunque non pretendo che l'esilarante prosa censoria del ventennio venga proprio ripresa paro-paro. Però è sicuro che qualche spunto, qualche suggerimento può darlo, Con misura, s'intende. Perchè persino dalle veline  del Duce si affaccia un problema ben noto anche oggi: l'eccesso di zelo e di servilismo. Un esempio del 1940: "A nessuno venga in mente di raccontare che in fondo il burro fa male alla salute e che l'olio è indigesto. Dire però che che si tratta di sacrifici sopportati molto serenamente". E poi (1943): "Si annuncia il sequestro di un giornale a causa di un articolo esageratamente elogiativo del Ministero della Cultura Popolare. L'adulazione deve cessare e la sobrietà deve dominare". Parole antiche che sembrano scritte per Emilio Fede. Infine, ecco un promemoria che sembra fatta apposta per gli intellettuali della Padania e per il neo ministro delle riforme Calderoli: "Si ricorda che Africa si scrive con una sola f e non con due" (giugno 1936). Ecco, è solo qualche spunto, spero ne facciano tesoro i nuovissimi membri del nuovissimo governo.

                                                                                                                  ALESSANDRO REBECCHI (Da "Il Manifesto")

Nella foto, la copertina di uno dei tanti quaderni con immagini fasciste
 

     Grande laboratorio di comunicazione

     A lezione di marketing e di comunicazione. Il Fascismo italiano è stato un grande laboratorio di comunicazione. La gestione dell'informazione da parte delle camicie nere, appena passato il secondo millennio, non viene ancora colta con la necessaria lucidità . Perchè considerata come corollario di un pezzo di storia molto doloroso. Il libro di Riccardo Cassero, "Le veline del Duce", racconta, in modo immediato e dettagliato, il moderno utilizzo dei mass media durante il Ventennio fascista . Il volume è corredato da interessante materiale fotografico dell'epoca. Vengono commentate le più significative veline ed i suggerimenti che venivano trasmessi ai mezzi di comunicazione. Il Duce sembra non avere mai smesso l'abito mentale del giornalista.

                                                    FRANCESCA DALLATANA (Dalla "Gazzetta di Parma")

Nella foto, il saluto alla mamma del soldato in partenza per il fronte
 

      Era un' immagine artificiale dell'Italia

      Per la prima volta Riccardo Cassero propone monograficamente e con risalto grafico le disposizioni date quotidianamente e capillarmente dal governo alla stampa italiana, per esaltare il regime e allo stesso tempo nascondere fatti e verità scomode per per la politica fascista. Nel gestire le informazioni, Palazzo Venezia ( il Duce in persona, soprattutto, da buon giornalista qual era, già direttore di quotidiani politici) dava indicazioni obbligatorie su quali notizie pubblicare e quali tacere, su quelle alle quali dare risalto e quelle da oscurare, sulle fotografie da aggiungere a commento e quelle da cancellare. Tutto pur di creare una immagine artificiale del Paese, dove ogni cosa era al suo posto e nulla turbava gli italiani, popolo baciato dalla Provvidenza, felicemente governato dal capo del Fascismo.

                                                                                                                                                 Da "Il Quotidiano di Foggia"

Nel manifesto, due fasci Littorio

 

     Un libro da leggere nelle biblioteche scolastiche

     Le "veline", quelle che oggi associamo alle carine e simpatiche ragazze più o meno svestite che hanno contribuito a fare la fortuna delle Tv di Berlusconi, capaci, mutatis  mutandis,  a loro volta di spostare milioni di voti, sessant'anni fa erano uno degli strumenti con cui il regime fascista irreggimentava l'informazione e pretendeva di manipolare perfino i costumi, le abitudini e i gusti degli italiani. Proprio quando si celebra il sessantesimo della Liberazione e si tenta di impedire che la memoria di quegli eventi si logori nella ritualità, si esaurisca nella retorica e perda ogni significato e capacità di esempio, un libro come questo rappresenta un modo intelligente, semplice e lineare per  ricordare e per rispondere a chi vorrebbe fare di questo anniversario una giornata festiva qualunque o, peggio, un'occasione per celebrare non solo la resistenza al nazifascismo, ma anche i caduti di Salò. Per quello che queste pagine possono ottenere, qualche copia de "Le veline del Duce" dovrebbe entrare a far parte delle biblioteche delle scuole  medie superiori, lasciando alla lettura, che si  presenta a giovani cresciuti con una dieta di scarse letture e tanta Tv, il compito di far comprendere che cosa ha veramente rappresentato il totalitarismo fascista. Oggi quelle "veline" ci aiutano a capire che il fascismo non solo fu un regime illiberale, guerrafondaio e idiota, ma anche razzista e criminale.

                                                                                                              CARLO CORRER (Da "l'Avanti! della domenica")

Nella foto, il maresciallo Badoglio legge la dichiarazione di guerra alla Germania, dopo l'Armistizio
 

    Non era quella la vera vita degli italiani

      Per le edizioni Sperling & Kupfer è uscito un libro sorprendente sia per forma che per contenuti. Scritto da Riccardo Cassero, una "vecchia volpe" del giornalismo italiano, Le veline del Duce si legge con grande interesse. L'autore che ha lavorato per una vita al Mattino,  nell'arco di mezzo secolo di carriera, è stato testimone sensibile di cambiamenti ed eventi, sciagure e risorse di un'Italia che in cinquant'anni ha conosciuto più volte "polveri e altari". Quando c'era lui... è stata per tanto tempo - ma forse per alcuni lo è ancora -  la frase che indicava il rimpianto per un'Italia "pacificata, spensierata e felice" il cui merito veniva fatto risalire esclusivamente a lui, il Duce. L'autore intanto si chiede "....ma era davvero quella  l'effettiva vita degli italiani? Quella cioè che arrivava nelle case attraverso i giornali, la radio, le varie pubblicazioni (anche i "giornaletti" riservati ai bambini)? Era poi  davvero quella la realtà del vivere quotidiano, la vera immagine dell'Italia? In effetti l'Italia che giungeva agli italiani era filtrata attraverso un'informazione condizionata e orientata. E se nei primi anni del regime Mussolini acquistò la proprietà di diversi quotidiani e settimanali per aumentare il consenso da parte dei cittadini, in seguito il Ministero per la Cultura Popolare controllò le pubblicazioni - comunque dirette da uomini iscritti nel Partito fascista - prima che arrivassero nelle edicole. Basta sfogliare il libro di Cassero per avere sotto gli occhi  la cronistoria delle guerre italiane e delle corrispondenti succitate veline. Si  tratta di un cammino preciso e accurato fra tutti gli avvenimenti del nostro Paese  dal 1935 al 1945: dieci anni che cambiarono l'Italia avviandola al precipizio.

                                                                                                                                        RENATO RIBAUD (Da "l'Avanti!")

Nella foto, Mussolini ed Hitler affiancati all'interno della famosa croce uncinata
 

     Quel disco volante recuperato dal Fascismo

     Si intitola "Le veline del Duce" il simpatico e documentatissimo libro del giornalista napoletano Riccardo Cassero che ripercorre - anche fotograficamente - la storia del controllo esercitato dal regime fascista sulla stampa. Il libro, riccamente illustrato e da acquistare assolutamente, contiene numerose e ghiotte curiosità, ma soprattutto dedica un articolo tutto in positivo alla vicenda del disco volante recuperato dal Gabinetto RS/33 e nascosto a Vergiate. Si tratta di un importante riconoscimento da parte da un giornalista storico de "Il Mattino" di Napoli di una ricerca del Centro Ufologico che, nel quadro ricostruito da Cassero assume nuovo e maggiore spessore. Scopriamo, infatti, leggendo l'interessantissimo volume, che il 22 luglio del 1941 il Ministero della Cultura Popolare, che controllava e censurava tutte le notizie di stampa, diede ordine perentorio di "non dare in alcun modo notizie di allarmi aerei". La data non è casuale. In quello stesso periodo il Gabinetto  RS/33 aveva terminato il suo dossier sugli avvistamenti UFO e già parte del materiale era stato segretamente ceduto alla Gestapo; solo sei mesi prima il Duce aveva accennato, tra il serio ed il faceto, agli abitanti di Marte e alle loro "inimmaginabili fortezze volanti" nel discorso all'Urbe. Il nuovo ordine del Minculpop metteva adesso fine alla divulgazione degli avvistamenti di velivoli terrestri e non, dei quali si occupava una ben precisa rete prefettizia a partire dagli anni Trenta.

                                                                                                                                Da   "La Rete 474" - Centro  ufologico

Nella foto, un poster di Benito Mussolini, alle sue spalle la Vittoria